SOLO QUALCHE MESE FA ERA UN COLONNELLO BUONO,
ORA E’ DIVENTATO UN DITTATORE CATTIVO
di Adriano Marinensi
in "Umbria Settegiorni"
22 aprile 2011
Finché c’è guerra, c’è speranza. Nella finzione cinematografica, Alberto Sordi tratteggiò egregiamente la figura del mercante d’armi. E’ la speranza dei cosiddetti signori della guerra che ingrassano, in maniera esponenziale e banditesca, i loro patrimoni vendendo ogni sorta di strumento d’offesa, dovunque ci sia un cruento combattimento in atto. Soprattutto in Africa, con quei dittatori, pronti ad impegnare ingenti risorse per dare forza distruttiva ai loro eserciti. Spesso gremiti di mercenari, avventurieri e senza patria, disposti a lottare contro chiunque, per denaro. Per esempio, in Libia, laddove Gheddafi fa il padrone da quasi mezzo secolo. Sino a qualche mese fa era un nostro buon amico, poi, d’improvviso, è diventato cattivo. Però, questa Italia – avrà pensato, di sicuro il Colonnello – che coerenza ! Prima mi accoglie in pompa magna, sorride festosa di fronte alla mia bizzarra tenda accampata in piazza, applaude estatica il carosello dei cavalli berberi, fa la ruffiana fornendomi 50 belle gnocche 50 per islamizzarle, bacia devota il mio anello “piscatorio”; così mi ossequia deferente e poi si allea con i bombardatori. Valli a capire gli italiani, Colonnello ! Sappia Ella però che semmai si dovesse azzardare ad una qualunque ritorsione, per rompere lo stivale, dovrà fare i conti con il nostro luciferino Ministro della Guerra. Pardon, della Difesa. In verità, non è la prima volta che il Colonnello fa il cattivo. E’ accaduto pure 25 anni orsono, proprio di questi giorni. Lo accusarono, a ragion veduta, di essere uno del “padrini” del terrorismo internazionale che andava seminando morte e distruzione in ogni parte del mondo. E gli USA decisero di bombardarlo. Fu comunque soltanto una azione dimostrativa, perché di poco danno per la sua poderosa forza militare. Già, a quell’epoca, la quantificarono così : 80 mila soldati, 4 – 5 mila carri armati e quasi 200 aerei, tutto armamento di fabbricazione sovietica, più un gran numero di batterie missilistiche. Da allora ad oggi, il Rais, con i lauti proventi ricavati dalla vendita di petrolio e gas, ha incrementato l’arsenale per garantirsi il potere. L’iniziativa la presero gli Stati Uniti. Presidente USA era Ronald Reagan, repubblicano, ex attore di film western (“Low and order”, il più noto). Antisovietico viscerale, non disdegnava l’uso della forza per mostrare i muscoli all’URSS di Gorbaciov. Un primo avviso al “piccolo Hitler”nordafricano – così definirono Gheddafi in America - venne inviato via mare, il 24 marzo 1986, quando, nel Golfo della Sirte, due navi libiche erano state affondate ed una base di missili distrutta. Il secondo attacco arrivò per via aerea, durante la notte tra il 14 e il 15 aprile di quello stesso anno. Cinque gli obiettivi strategici presi di mira : 3 intorno a Tripoli, 2 vicino a Bengasi. Fu un raid in grande stile, breve ma ugualmente impegnativo. Reagan chiese, per l’azione, il supporto delle basi NATO. Ebbe l’ausilio solamente del tradizionale alleato europeo, l’Inghilterra. La Francia di Mitterrand, oggi particolarmente solerte nell’eseguire, a suo modo, la risoluzione dell’ONU, negò persino l’autorizzazione al sorvolo del proprio territorio. E’ la tarda sera del 14 aprile, quando gli assalitori partono dalle basi militari inglesi. Li attende un viaggio lungo circa 5000 chilometri e non meno di 7 ore di volo. Debbono passare all’esterno delle coste europee, entrare attraverso lo stretto di Gibilterra, sorvolare gran parte del Mediterraneo. I 40 bombardieri dovranno essere riforniti in volo, 4 volte all’andata e altrettante al ritorno. Hanno il supporto di numerosi caccia e aerei spia decollati dalle portaerei di stanza dinnanzi alla Libia. Insomma, uno show di primordine e di alta tecnologia. I velivoli sono forniti di un sofisticato sistema radar che consente di individuare gli obiettivi da colpire, anche di notte. E bombe ”intelligenti” guidate dai laser. Un solo bombardiere, al termine dell’azione risulterà missing, cioè disperso. Si trattava di dare una “ sonora lezione” (a detta del Pentagono) al Colonnello, ma lui non è che se la prese più di tanto. Infatti, soltanto due giorni dopo il raid, accadde un fatto di estrema gravità e di natura terroristica. Un palestinese infilò un ordigno esplosivo nel sottofondo del bagaglio a mano, portato a bordo di un aereo israeliano, dalla sua inconsapevole innamorata. Una bomba ad alto potenziale, destinato a scoppiare in volo. Il controspionaggio lo scoprì soltanto all’ultimo momento, evitando l’ennesima strage. L’Italia entrò in agitazione, nella circostanza, non per l’invasione dei profughi, invece per causa di due missili Scud lanciati dalla Libia che finirono in mare, poco distante dalle spiagge di Lampedusa. Pure il Governo, allora come oggi, fece un bel po’ di confusione (Presidente Bettino Craxi, Ministro degli Esteri Giulio Andreotti, Ministro della Difesa Giovanni Spadolini). Perché, da Tripoli fecero sapere che il lancio di quei due Scud era stato un serio “avvertimento”. Il buon Spadolini dichiarò in una intervista : “Gheddafi passerà, mentre la Libia e il popolo libico rimarranno lì, davanti a noi. E noi possiamo aiutare l’amico popolo libico a superare questa fase di avventura”. Ecco, appunto : “Gheddafi passerà…” Mai previsione politica è risultata più sbagliata. “La fase di avventura” continua dopo un sacco di anni e il Colonnello è ancora al suo posto. Lui e la NATO stanno ora combattendo una “guerra senza bussola”, come l’ha definita Giorgio Bocca. Il dramma è che, a differenza della rapida ventura di una notte di mezza primavera (del 1986), quella in corso rischia di trasformarsi in una avventura complessa, dall’esito incerto e problematico. Alla stregua d’ogni azione violenta, ha effetti immediati pesanti (l’elevato numero di vittime civili) e conseguenze future imprevedibili. Ed altera gli equilibri di una vasta zona del mondo, al centro della quale si trova pericolosamente il nostro Paese. Forse sarà il caso di fare un sincero augurio di Buona Pasqua alla PACE.
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