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IL DISASTRO AEREO DEL TERMINILLO

 

di Adriano Marinensi

 

in “Umbria Settegiorni”

7 ottobre 2011

 

     L’hanno chiamata, per decenni, la montagna di Roma; quando entrerà in esercizio la superstrada umbro – sabina dovranno chiamarla anche la montagna di Terni (raggiungibile in meno di un’ora e di 50 km.). Il nome proprio è Terminillo, tra i monti più alti dell’Italia di mezzo, con il centro abitato a 1.626 m. e la vetta a 2.216. L’immenso bosco di faggi secolari rappresenta la principale risorsa ambientale; d’inverno è apprezzato punto di riferimento per sciatori veloci e di fondo. Ebbe rilevante notorietà durante il ventennio, quando “l’atletico Duce solcava lassù, con inusitato ardire, le innevate piste dei grintosi declivi alpestri” (così il manutengolo di regime).  Per farlo diventare di casa, gli attribuirono persino la proprietà di una villa, chiamata appunto “villa Mussolini”. Ma, non era vero. L’aveva costruita, nel 1937 – 38, il Principe romano Francesco Chigi : quando gli italiani cantavano “se potessi avere 1000 lire al mese”, il nobiluomo, in quella superba magione, di lire ce ne investì 950.000.
     Il Terminillo (la Sabina e l’Umbria) – 56 anni fa – rimase, per diversi giorni all’attenzione nazionale e non solo, per un incidente aereo che commosse l’Italia intera. Proviamo a raccontarli, oggi per allora, quei fatti, facendo una sintesi dei principali avvenimenti. Il romanziere inizierebbe così :  è una notte d’inverno cupa e tempestosa. Sono passate da poco le ore 20 del 12 febbraio 1955. Un quadrimotore Douglas D.C. 6 della SABENA, società belga di navigazione, è in avvicinamento all’aeroporto di Ciampino. Proviene da Bruxelles ed è diretto a Leopoldville. Ha a bordo 14 passeggeri belgi, 4 americani, 3 francesi e 1 italiano (tra loro pure 3 bambini) più 7 membri di equipaggio. Comunica alla torre di controllo che non gli riesce il collegamento con il radiofaro di Viterbo. Gli consigliano di scendere di quota. Passano pochi minuti e dal D C 6 più nessun segnale. Tentano di ripristinare il collegamento : niente. Scatta l’allarme. Per gli addetti ai lavori, il silenzio è segno che l’aereo non è più in cielo. Iniziano subito le operazioni di ricerca. Siamo in febbraio, il mese è tiranno e il territorio da perlustrare vasto e impervio.
     La notizia, sin dal giorno successivo, entra nelle prime pagine dei quotidiani nazionali, con qualche eco su quelli stranieri. Anche perché il passeggero italiano è una donna, una attrice, giovane e promettente. Si chiama Marcella Mariani, romana, eletta Miss Italia nel 1953. Ha avuto già una parte importante nel film SENSO, diretto da Luchino Visconti, accanto ad Alida Valli. Dunque, è una promessa del nostro cinema, fidanzata con un altro noto attore dell’epoca, Ennio Girolami. Sta tornando a Roma da Bruxelles, dove ha rappresentato l’Italia ad una rassegna cinematografica. All’aeroporto d’arrivo c’è sua madre Adele che l’aspetta. Le dicono che l’aereo, per il cattivo tempo, non può atterrare a Ciampino. Poi però non possono più nasconderle la verità : il quadrimotore risulta disperso. La tragedia insomma si è consumata. E non si sa neppure dove. Cominciano a cercarlo per terra e sul mare. Si muovono pattuglie di Carabinieri, Polizia, Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza, reparti dell’Esercito. I mezzi aerei sorvolano l’Alto Lazio, nell’area compresa tra Tarquinia, Viterbo, Ronciglione, Capranica, Sutri. Fra l’Argentario e Civitavecchia operano unità della Marina. Le forze in campo sono imponenti, ma, passano le ore, e l’aeroplano non si trova. Persino la gente comune è allertata. Arrivano le prime segnalazioni. Circa 300 uomini accorrono dalle parti di Capranica : dei contadini segnalano l’esistenza dei rottami di un velivolo. Sono però di un bombardiere inglese abbattuto durante la guerra. C’è il Capostazione di Capranica che dice di aver udito, dalle sue parti, nel giorno e l’ora dell’incidente, il rombo di un aereo in difficoltà. Sui monti del Cimino, un covone di paglia prende fuoco, alla stessa ora e lo stesso giorno, e il bagliore delle fiamme diventa oggetto di segnalazione. Così come una macchia galleggiante sul mare, al largo di Santa Severa, fa accorrere una Corvetta. E’ ancora un falso allarme : si tratta soltanto di un grosso accumulo di alghe. Ci sono 7 ricognitori in volo per tutta la giornata del 13 febbraio; rientrano a sera senza alcuna notizia utile. Partono da Bonn 12 aviatori americani, esperti in ricerche e salvataggi e 4 aerei USA, di stanza a Napoli, si uniscono ai soccorritori. A Roma, arrivano 8 rappresentanti della compagnia belga. Affermano che le comunicazioni con il D C 6 si sono interrotte improvvisamente dopo circa tre minuti di volo da Viterbo. Malgrado gli sforzi congiunti, il quadrimotore disperso non si trova. Siamo al terzo giorno e un ricognitore segnala la presenza di rottami d’aereo tra le nevi del Monte Vettore, a  quota 1500 metri, in Umbria, nei pressi di Castelluccio di Norcia. Partono dal paese squadre di militari e di sciatori volontari, nel mezzo di una violenta bufera di neve. Quella parte dei Sibillini viene descritta così da un cronista : “Paesaggio alpestre, terreno aspro come in poche altre parti d’Italia, con burroni e gole profondissime”. L’impresa è da sport estremo. Muovono pure da Spoleto, attraverso Forche Canepine. Una prova inutile, sul Vettore il D C 6 non c’è. L’attenzione allora si sposta verso il Lago di Bolsena. Un pescatore fa sapere di aver notato una estesa macchia d’olio. Analizzano quel liquido e lo dichiarano incompatibile con il carburante d’ aereo. Il 18 febbraio, un quotidiano titola : “Resti carbonizzati di un aereo segnalati in Abruzzo, a Sella di Corno”. Si troverebbero in un vallone tra L’Aquila e Cittaducale. Spiegazione dei tecnici : il D C 6 avrebbe perso la rotta sulla direttrice Foligno – Trevi – Leonessa – Sella di Corno. In tal senso, viene presa in considerazione – sostiene un giornale – la segnalazione dell’ex campione ciclista ternano Elvezio Palla : “nella sera del 12 febbraio, transitava, a bordo della sua auto, sul Passo di Fuscello. Alle 20,10, improvvisamente il Palla ed i componenti della sua famiglia udirono, nel modo più distinto, un rumore scrosciante, ma non regolare di motori d’aeroplano e subito dopo il nulla”. No, niente, neppure questa traccia porta ad alcun ritrovamento
     I giorni trascorsi sono diventati cinque. Mentre si fruga in tutta l’area dell’Italia Centrale, ecco le ipotesi più accreditate : 1) l’aereo è caduto su una delle vette più alte dell’Appennino; 2) è precipitato in mare tra l’Argentario e Anzio; 3) si è inabissato in uno dei laghi dell’Alto Lazio. Una fonte di informazione francese accredita un’altra tesi, in verità un po’ bizzarra, secondo la quale a bordo dell’aereo SABENA ci sarebbe stato uno scienziato di fisica nucleare, ben noto in ambienti internazionali. Perciò, parve giustificato un dirottamento oltre cortina, in un Paese comunista, al tempo della competizione USA – URSS. Ed eccoci giunti al 22 febbraio, dieci giorni dalla scomparsa. Gli organi di stampa diffondono, sempre in prima pagina, l’ultima notizia. Questa volta è quella giusta : “I rottami del D C 6 sono tra le nevi del Terminillo”. L’affannosa ricerca è finita, l’angoscioso mistero è risolto. Ora il dramma ha un luogo dove s’è consumato : la montagna di Roma. Il relitto, con il suo funereo carico umano, si trova a quota 1600 m., nel versante settentrionale del monte, prossimo alla località Sassetelli, su una pendenza di 40 gradi. Lo si vede semisepolto dalla neve e senza alcun segno di vita attorno. Lo afferma il radiomessaggio lanciato il 21 febbraio da un G 212 in perlustrazione. L’impatto con la montagna l’ha pressoché disintegrato. Aggiunge : “Sono visibili i piani di coda e un’ala spezzata”. A Vigna di Valle vengono allertati mezzi aerei e paracadutisti. Dal ricognitore però sconsigliano “in modo assoluto, qualsiasi lancio a causa delle proibitive condizioni atmosferiche”. Si dovrà tentare di raggiungere l’impervia quota 1600 via terra. Comincia così il tempo della “via Crucis”, ossia l’ operazione “per contendere – di nuovo il cronista d’allora – alla neve ed al ghiaccio il tragico carico del D C 6”. Le squadre di soccorso si impegnano al limite delle possibilità. Le ultime salme vengono recuperate il 25 febbraio ed, insieme alle altre, ricevono il solenne commiato nella Cattedrale di Rieti. Con “una grande nevicata di fiori sulle 29 vittime”. Per ricordare quel terribile evento, ad agosto, sul Terminillo, hanno organizzato un Convegno, presieduto da Emilio Di Ianni ed allestita una mostra a cura del dr. Antonio Tavani, con giornali d’epoca, oltre ad una interessante esposizione di piccoli reperti metallici, raccolti, negli anni, sul costone ove cadde l’aereo.

Adriano Marinensi

 

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